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SI TE GRATA QVIES ET PRIMAM SOMNVS IN HORAM DELECTAT,
SI TE PVLVIS STREPITVSQUE ROTARVM, SI LAEDIT CAVPONA,
FERENTINVM IRE IVBEBO;
NAM NEQVE DIVITIBVS CONTINGVNT GAVDIA SOLIS …
(Orazio – Epistularum Liber I, 17, vv. 6-9)
SI TE GRATA QVIES ET PRIMAM SOMNVS IN HORAM DELECTAT,
SI TE PVLVIS STREPITVSQUE ROTARVM, SI LAEDIT CAVPONA,
FERENTINVM IRE IVBEBO;
NAM NEQVE DIVITIBVS CONTINGVNT GAVDIA SOLIS …
(Orazio – Epistularum Liber I, 17, vv. 6-9)

Rinvenimento delle Ossa

In Dei nomine. Amen.

Essendo che il vescovo, Clero e Popolo della Città di Ferentino habbia continuamente con fervente desiderio desiderato di havere le reliquie del glorioso Martire S. Ambrogio Protettore e difensore della Città predetta: benché l'impresa fusse accennata da molti Ill.mi vescovi di questa città non di meno per molti rispetti alle care memorie loro note non l'eseguivano.
L'anno dunque 1639 a dì 27 aprile per indizione e consenso dell'Ill.mo e Rev.mo Mons. Ennio Filonardi, vescovo di detta città (1612-1644), il sig. Tarquinio Muccosio, canonico teologo della Cattedrale, suo vicario Generale, accompagnato da l'infrascritti Ill.mi e Rev.mi canonici, cioè D. Horatio Giorgi. D. Camillo Pompili, D. Paolo Pagella, D. Rodolfo Bagalè, D. Giov. Batt.a Rosati, e Gio. Matteo Cascese beneficiato…
si appresta alla santa impresa di cercare diligentemente nella cappella esistente come sopra in detta Cattedrale a mano dritta. Havendone tutti assieme fatta fervente orazione al Signore Iddio che per gloria della sua divina maestà e di detto S. Ambrogio Martire gli havesse fatta grafia di farlo trovare, havendosi fatto un humil palco, si appressano li predetti a levare la pietra dell'altare. Quella havendo levata e collocata nel suddetto palco, diedero di mano alle torce accese, perché era ad hora di notte in circa giorno di mercoledì. Affacciandosi nella concavità di detto altare, apparirono alcune urne esistenti tra tegole e canale, le quali si presumono pienamente fussero delli sepolcri, mentre dette sacre ossa fussero date a perpetua sepoltura nella chiesa di S. Agata e di S. Maria Maggiore di detta città; nelle quali, cioè: in S. Agata fussero riposte nell'anno 285, nel quale seguì il suo glorioso martirio e dall'anno 827 fussero traslitate da detta chiesa di S. Agata a detta chiesa di S. Maria Maggiore e l'anno 1100 furono traslitate dalla detta chiesa di S. Maria Maggiore in detta chiesa cattedrale nella cappella come sopra.
Facendosi alcuna contentione tra di loro su chi dovesse discendere alla concavità di esso altare come sopra discoperto, all'ultimo il detto Vicario Generale in merito di Santa obbedienza comandò a D. Matteo Cascese suddetto dovesse egli calarci, il quale facendo per non poco spirituale resistenza, all'ultimo, astretto dal precetto fattoli, scolpandosi e tutto piangente vi calò, incominciando a muovere le tavole e altre cose che in detto altare se rinchiudono. Alzò la prima pisside simile a urna di cristallo tutta liliata che, da un manifesto segno de li gigli, esser dovria l'arme del Comune; la quale estratta e subito discoperta ancor che dal corpo diafano si vedessero le ossa con una scrittura che vi stava dentro, pigliando un corporale e stendendolo sopra detta pietra di altare vi collocarono con candele e torce accese la pisside predetta, la quale stava involtata con spago, il quale secondo il nostro costume è detto cotone. Sciogliendo, la prima attione che si facesse fu di dar di mano alla scrittura che, per quanto appariva, essa era di mezzo a integro foglio, detto carta bambagina, che parimente stava avvoltata con la medesima sorte di spago; la quale pigliando il Vicario Generale predetto, si risolvette subito in fumo e solo si provarono a leggere le infrascritte parole: Am: fit martir ferent Au ve, le quali si possono e piamente si devono interpretare che vogliano significare: Ambrosius fit martir Ferentini Augustino Vescovo, che è il medesimo che nelle marmoree pietre scolpito si ritrova.
La qual pisside cristallina sta parimente piena dell'ossa di detto Santo Martire, e questa havendo trasportata con torce accese nell'altare maggiore di detta Cattedrale e ivi lasciatala con davanti lumi vari, tornarono i suddetti nell'altare del predetto S. Martire. Descendendo il Rev.do Matteo suddetto in merito della medesima obbedienza impostali dal Vicario Gen. ritrovò un altro vase, il quale si stima di porcellana, o porfido ovvero altra materia che sii e porgendosi alli esistenti per sopra, con la medesima devozione si portò con li sopra detti luminari per collocarla nel medesimo altare maggiore. Discoprendosi come sopra, si trovò che alla superficie vi sta parte del cingolo, che cingeva gli umeri di detto S. Martire, mentre esercitava l'arte militare, poichè ne si conosce la città dove egli impugnava il stendardo o lancia e conseguentemente il restante del vaso contiene ossa di detto S. Martire. Il simile facendo del terzo vase di piombo coperto lo trasferirono come sopra nel detto altare maggiore, dentro del quale vi sono delle parti del corpo di detto Santo Martire.
Di subito il detto Vicario andò di persona a chiamare e certiorare l' Ill'mo e Rev.mo Mons. Ennio Filonardi predetto, il quale, ricevuta la Santa nova, subito senza di mora con paterno affetto discese dal suo palazzo vescovile alla chiesa cattedrale predetta e arrivato in detto altare maggiore si inginocchiò, facendo orazione al SS.mo Sacramento e poi alle sacre reliquie lacrimando. Discoperte le dette pissidi ad una per una poi ordinò che fussero messe in una cassa presa nell'archivio di essa cattedrale e, ivi conservate, fussero rimesse nel concavo altare come sopra. Il che puntualemente fu eseguito dal sig. Vicario e ill.mi canonici predetti e rimessaci la pietra dell'altare, come per l'addietro si osservava, fu d'ordine del detto Sig. Vicario generale fatti chiamare l'ill.mi predetti Andrea Pagella e Francesco Bono ed altri compagni Capo Priore e Priori rispettivi per indicarli dovessero convocare una adonanza per la mattina seguente. Ma all'ultimo venendo nella detta chiesa cattedrale li principali della città e molti altri della plebe, convocandosi anche il resto dei canonici…, li quali predetti arrivati in sagrestia gli fu annunziato dal detto Vicario la cara nuova dell'invenzione ( = ritrovamento, ndr) delle sacre reliquie di S. Ambrogio martire e protettore e tutti risposero a una voce: Sia lodato il Signore che … ci habbia fatto degni di ritrovare e vedere detti sacri pegni e il medesimo fece al popolo che stava cohadunato in detta chiesa. Tutti cominciarono a lacrimare con lacrimevole affetto e ringraziarono il Signore Iddio, come sopra. Di subito nuovamente chiamandosi il suddetto ill.mo e rev.mo Mons. Vescovo, che subito discese nella cappella di detto Santo, fu cantato il Tè Deum laudamus e indisse d'ordine di detto ill.mo e rev.mo una solenne processione per la domenica seguente che è hoggi primo di Maggio 1639, festa delli beati apostoli Filippo e Giacomo, per il che pure fussero invitati tutti li Rev. di Regolari e Chierici Secolari della Città.
Sono state dunque le sacre ossa (reposte d'ordine di detto ill.mo e Rev.mo) estratte dall'altare sopraddetto alla presenza di detto Mons. ill.mo Vescovo e Canonici. Alzando la pietra di esso altare il Sig. Capopriore Francesco Muccosio con altri officiali della Milizia e quella posta nel pavimento della cappella predetta, è salito il detto Sig. Tarquinio Muccosio , Vicario Generale soltanto a piedi ignudi per prima. Calando nella concavità di esso altare, aprendo la cassa che in essa concavità si conserva con molti residui del sepolcro di detto S. Martire, ha estratto le tré suddette pissidi dentro di esse esistenti le sacre reliquie del corpo del Beato Ambrogio Martire Centurione e Protettore della Città. Quelle porgendo alli Rev.mi Horatio Giorgi, Gio. Gritti, Tiberio Santino canonici con apparato ecclesiastici vestiti, d'indi portandoli processionalmente per collocarle nell'altare maggiore alla vista del popolo, tenendole esposte mentre si è cantato solennemente il divino ufficio, dandosi principio ad una solenne processione cominciata nella detta cattedrale prima di riporle in una cassa addobbata di ricchissimi veli e serrata a chiave consegnata a detto Vicario Generale.
Sono state mostrate poi all'ill.mo Magistrato Generale della Città e Popolo di Ferentino e forastieri che in gran numero ivi è convocato, ed è iniziata la processione e incamminata nella chiesa di S. Agata dove per molte centinaia di anni dette sacre ossa sono state lungamente riposte, passando poi per la chiesa di S. Valentino per farne mostra anco alle RR. Moniche siccome è stato fatto e d'indi uscendo a porta Porterula e entrati a Porta Montana si è ritornati in detta cattedrale per riporle come prima. Tanta festa: siccome hanno fatto tutto con i soni di campani, fuochi in diversi luoghi fatti per tré sere con allegrezza, essendosi addobbate le strade con fiori ed erbe, panni, altari, lumi con infiniti altri apparati che habbi resa illustrissima e ammirabile la processione. L'urne in effetti furono state riposte alla presenza dell'Ill.mo Capopriore Francesco Muccosio, ecc…, una con D. Aristotile Orlando, Ferentini Potestate.
In Dei nomine. Amen.

Essendo che il vescovo, Clero e Popolo della Città di Ferentino habbia continuamente con fervente desiderio desiderato di havere le reliquie del glorioso Martire S. Ambrogio Protettore e difensore della Città predetta: benché l'impresa fusse accennata da molti Ill.mi vescovi di questa città non di meno per molti rispetti alle care memorie loro note non l'eseguivano.
L'anno dunque 1639 a dì 27 aprile per indizione e consenso dell'Ill.mo e Rev.mo Mons. Ennio Filonardi, vescovo di detta città (1612-1644), il sig. Tarquinio Muccosio, canonico teologo della Cattedrale, suo vicario Generale, accompagnato da l'infrascritti Ill.mi e Rev.mi canonici, cioè D. Horatio Giorgi. D. Camillo Pompili, D. Paolo Pagella, D. Rodolfo Bagalè, D. Giov. Batt.a Rosati, e Gio. Matteo Cascese beneficiato…
si appresta alla santa impresa di cercare diligentemente nella cappella esistente come sopra in detta Cattedrale a mano dritta. Havendone tutti assieme fatta fervente orazione al Signore Iddio che per gloria della sua divina maestà e di detto S. Ambrogio Martire gli havesse fatta grafia di farlo trovare, havendosi fatto un humil palco, si appressano li predetti a levare la pietra dell'altare. Quella havendo levata e collocata nel suddetto palco, diedero di mano alle torce accese, perché era ad hora di notte in circa giorno di mercoledì. Affacciandosi nella concavità di detto altare, apparirono alcune urne esistenti tra tegole e canale, le quali si presumono pienamente fussero delli sepolcri, mentre dette sacre ossa fussero date a perpetua sepoltura nella chiesa di S. Agata e di S. Maria Maggiore di detta città; nelle quali, cioè: in S. Agata fussero riposte nell'anno 285, nel quale seguì il suo glorioso martirio e dall'anno 827 fussero traslitate da detta chiesa di S. Agata a detta chiesa di S. Maria Maggiore e l'anno 1100 furono traslitate dalla detta chiesa di S. Maria Maggiore in detta chiesa cattedrale nella cappella come sopra.
Facendosi alcuna contentione tra di loro su chi dovesse discendere alla concavità di esso altare come sopra discoperto, all'ultimo il detto Vicario Generale in merito di Santa obbedienza comandò a D. Matteo Cascese suddetto dovesse egli calarci, il quale facendo per non poco spirituale resistenza, all'ultimo, astretto dal precetto fattoli, scolpandosi e tutto piangente vi calò, incominciando a muovere le tavole e altre cose che in detto altare se rinchiudono. Alzò la prima pisside simile a urna di cristallo tutta liliata che, da un manifesto segno de li gigli, esser dovria l'arme del Comune; la quale estratta e subito discoperta ancor che dal corpo diafano si vedessero le ossa con una scrittura che vi stava dentro, pigliando un corporale e stendendolo sopra detta pietra di altare vi collocarono con candele e torce accese la pisside predetta, la quale stava involtata con spago, il quale secondo il nostro costume è detto cotone. Sciogliendo, la prima attione che si facesse fu di dar di mano alla scrittura che, per quanto appariva, essa era di mezzo a integro foglio, detto carta bambagina, che parimente stava avvoltata con la medesima sorte di spago; la quale pigliando il Vicario Generale predetto, si risolvette subito in fumo e solo si provarono a leggere le infrascritte parole: Am: fit martir ferent Au ve, le quali si possono e piamente si devono interpretare che vogliano significare: Ambrosius fit martir Ferentini Augustino Vescovo, che è il medesimo che nelle marmoree pietre scolpito si ritrova.
La qual pisside cristallina sta parimente piena dell'ossa di detto Santo Martire, e questa havendo trasportata con torce accese nell'altare maggiore di detta Cattedrale e ivi lasciatala con davanti lumi vari, tornarono i suddetti nell'altare del predetto S. Martire. Descendendo il Rev.do Matteo suddetto in merito della medesima obbedienza impostali dal Vicario Gen. ritrovò un altro vase, il quale si stima di porcellana, o porfido ovvero altra materia che sii e porgendosi alli esistenti per sopra, con la medesima devozione si portò con li sopra detti luminari per collocarla nel medesimo altare maggiore. Discoprendosi come sopra, si trovò che alla superficie vi sta parte del cingolo, che cingeva gli umeri di detto S. Martire, mentre esercitava l'arte militare, poichè ne si conosce la città dove egli impugnava il stendardo o lancia e conseguentemente il restante del vaso contiene ossa di detto S. Martire. Il simile facendo del terzo vase di piombo coperto lo trasferirono come sopra nel detto altare maggiore, dentro del quale vi sono delle parti del corpo di detto Santo Martire.
Di subito il detto Vicario andò di persona a chiamare e certiorare l' Ill'mo e Rev.mo Mons. Ennio Filonardi predetto, il quale, ricevuta la Santa nova, subito senza di mora con paterno affetto discese dal suo palazzo vescovile alla chiesa cattedrale predetta e arrivato in detto altare maggiore si inginocchiò, facendo orazione al SS.mo Sacramento e poi alle sacre reliquie lacrimando. Discoperte le dette pissidi ad una per una poi ordinò che fussero messe in una cassa presa nell'archivio di essa cattedrale e, ivi conservate, fussero rimesse nel concavo altare come sopra. Il che puntualemente fu eseguito dal sig. Vicario e ill.mi canonici predetti e rimessaci la pietra dell'altare, come per l'addietro si osservava, fu d'ordine del detto Sig. Vicario generale fatti chiamare l'ill.mi predetti Andrea Pagella e Francesco Bono ed altri compagni Capo Priore e Priori rispettivi per indicarli dovessero convocare una adonanza per la mattina seguente. Ma all'ultimo venendo nella detta chiesa cattedrale li principali della città e molti altri della plebe, convocandosi anche il resto dei canonici…, li quali predetti arrivati in sagrestia gli fu annunziato dal detto Vicario la cara nuova dell'invenzione ( = ritrovamento, ndr) delle sacre reliquie di S. Ambrogio martire e protettore e tutti risposero a una voce: Sia lodato il Signore che … ci habbia fatto degni di ritrovare e vedere detti sacri pegni e il medesimo fece al popolo che stava cohadunato in detta chiesa. Tutti cominciarono a lacrimare con lacrimevole affetto e ringraziarono il Signore Iddio, come sopra. Di subito nuovamente chiamandosi il suddetto ill.mo e rev.mo Mons. Vescovo, che subito discese nella cappella di detto Santo, fu cantato il Tè Deum laudamus e indisse d'ordine di detto ill.mo e rev.mo una solenne processione per la domenica seguente che è hoggi primo di Maggio 1639, festa delli beati apostoli Filippo e Giacomo, per il che pure fussero invitati tutti li Rev. di Regolari e Chierici Secolari della Città.
Sono state dunque le sacre ossa (reposte d'ordine di detto ill.mo e Rev.mo) estratte dall'altare sopraddetto alla presenza di detto Mons. ill.mo Vescovo e Canonici. Alzando la pietra di esso altare il Sig. Capopriore Francesco Muccosio con altri officiali della Milizia e quella posta nel pavimento della cappella predetta, è salito il detto Sig. Tarquinio Muccosio , Vicario Generale soltanto a piedi ignudi per prima. Calando nella concavità di esso altare, aprendo la cassa che in essa concavità si conserva con molti residui del sepolcro di detto S. Martire, ha estratto le tré suddette pissidi dentro di esse esistenti le sacre reliquie del corpo del Beato Ambrogio Martire Centurione e Protettore della Città. Quelle porgendo alli Rev.mi Horatio Giorgi, Gio. Gritti, Tiberio Santino canonici con apparato ecclesiastici vestiti, d'indi portandoli processionalmente per collocarle nell'altare maggiore alla vista del popolo, tenendole esposte mentre si è cantato solennemente il divino ufficio, dandosi principio ad una solenne processione cominciata nella detta cattedrale prima di riporle in una cassa addobbata di ricchissimi veli e serrata a chiave consegnata a detto Vicario Generale.
Sono state mostrate poi all'ill.mo Magistrato Generale della Città e Popolo di Ferentino e forastieri che in gran numero ivi è convocato, ed è iniziata la processione e incamminata nella chiesa di S. Agata dove per molte centinaia di anni dette sacre ossa sono state lungamente riposte, passando poi per la chiesa di S. Valentino per farne mostra anco alle RR. Moniche siccome è stato fatto e d'indi uscendo a porta Porterula e entrati a Porta Montana si è ritornati in detta cattedrale per riporle come prima. Tanta festa: siccome hanno fatto tutto con i soni di campani, fuochi in diversi luoghi fatti per tré sere con allegrezza, essendosi addobbate le strade con fiori ed erbe, panni, altari, lumi con infiniti altri apparati che habbi resa illustrissima e ammirabile la processione. L'urne in effetti furono state riposte alla presenza dell'Ill.mo Capopriore Francesco Muccosio, ecc…, una con D. Aristotile Orlando, Ferentini Potestate.